Hera, aumenti luce e gas

Per ora siamo alle chiacchiere. Vedremo i fatti

In questi giorni abbiamo assistito a diversi interventi in merito alla crisi energetica e alle sue conseguenze, in primis il caro bollette con l’invito di Hera ad abbassare il riscaldamento. Intanto un dato è acquisito: Hera continua a fare eccellenti fatturati di cui a goderne sono gli azionisti e, per quanto ne sappiamo, i vertici aziendali. Dunque non risponde al vero che “ siamo tutti sulla stessa barca”, nonostante la pandemia e gli anni di crisi che perdurano da tempo, seppure con ricadute diverse, abbiano costretto tanti a fare sacrifici e aumentato la quota di povertà assoluta e relativa. Oltretutto non ci risulta che, negli anni precedenti, quando il mercato dell’energia non presentava le sofferenze e i costi attuali, si siano verificati ribassi nelle bollette degni di nota. Poi osserviamo che alcune delle critiche provengono da figure che rivestono incarichi istituzionali per cui attendiamo che dalle parole si passi ai fatti, anche perché i provvedimenti messi in campo dal governo sono oltremodo modesti, incapaci di affievolire l’impatto su famiglie e imprese come denunciato da più parti e, per sintetizzare, dalla CGIA di Mestre, abitualmente considerata fonte autorevole per tali questioni. Anche i “tavoli”, certamente utili, si sono spesso rivelati sterili e inconcludenti. Terza considerazione: i servizi a rete e i rapporti fra Comuni e multiutility. Come abbiamo avuto modo di richiamare, anche in occasione di un nostro post sul “No alla discarica” (“Vicinanza ai cittadini? Non ci pare proprio), le multiutility spesso rivendicano l’attenzione per il territorio e l’impegno responsabile verso i cittadini che lo abitano. Del resto anche l’articolo 41 della Costituzione, relativo alla libertà d’impresa richiama la sua utilità sociale.

Ecco il punto: se prima vengono gli azionisti, prima viene il profitto e non i cittadini Sarà pure una semplificazione, ma rende l’idea. E allora la domanda successiva è: i Comuni si considerano prima azionisti o prima tutori dei beni comuni ed espressione dei propri cittadini? Capita a volte che le due posizioni si possano conciliare più o meno bene, ma a volte no. (Per esempio non può passare sotto silenzio che nulla si è fatto, a dieci anni di distanza, per dare seguito al voto pressoché unanime sull’acqua “bene pubblico”, nemmeno da parte dei tanti che, almeno a parole, si schierano per “i beni comuni) Ci pare che ci troviamo in questa seconda situazione e che emergano tutte le contraddizioni di un’operazione che vede il Comune, laddove ne possieda ancora, azionista e il Comune espressione di una comunità di cittadini a cui garantire i servizi essenziali a prezzi sopportabili. Infine evidenziamo che si arriva assai tardi ad affrontare problemi che pure sono strutturali e cogenti, ossia la crisi energetica. Assai poco si è fatto per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, nonostante il voto del 1986 e di nuovo nel 2011 per il NO al nucleare avesse dovuto spingere decisamente in quella direzione specie in un Paese del sud Europa.

P.S. Caso vuole che proprio in questi giorni, 6 anni fa, il Giornalino del Comune riportasse la notizia che il Progetto Dea Minerva, accanto ad altri riconoscimenti, risultasse tra i vincitori del premio per la responsabilità sociale in Emilia Romagna, istituito dalla Regione e destinato ad Enti e Aziende che promuovono l’innovazione e la ricerca privilegiando l’impatto sociale e ambientale delle loro azioni. Progetto che ora, nel pieno di questa crisi, mostra ancora di più tutta intera la lungimiranza dell’Amministrazione Caroli, anche perché andava oltre la logica del puro profitto, inseguendo quella del VALORE a 360°.